Riconoscere e valorizzare l’Istituto del Servizio Civile quale scuola di educazione civica e palestra di cittadinanza attiva delle nuove generazioni, destinando risorse se non maggiori quantomeno stabili e coerenti con gli investimenti degli anni precedenti” è quello che chiedono la Rappresentanza Nazionale degli Operatori Volontari (RNVSC), il Forum Nazionale Servizio Civile (FNSC), la Conferenza Nazionale Enti per il Servizio Civile (CNESC), il CSVnet – Associazione centri di servizio per il volontariato, con una lettera indirizzata al Governo.

Un accorato appello dei giovani e degli enti volto a richiamare l’attenzione sul futuro del Servizio Civile Universale in questi mesi in cui si sta lavorando alla legge di Bilancio 2024.

Dopo un triennio che ha visto il potenziamento del contingente, anche grazie ai fondi del PNRR, il servizio civile rischia di scivolare nuovamente in una situazione di precarietà e incertezza.
Il bando che sarà emanato entro la fine del 2023, infatti, secondo quanto previsto dal Documento di Programmazione Finanziaria 2023 del Dipartimento per le Politiche giovanili e il Servizio civile universale, prevede l’avvio di appena 45.000 giovani, a fronte dei 71.000 dell’anno scorso, e di circa 80.000 posizioni messe a disposizione dagli enti in fase di progettazione.
Ancora più preoccupante è la disponibilità finanziaria prevista dalla Legge di Bilancio per il prossimo anno che ammonta a soli 150 milioni di euro, sufficienti ad avviare appena 20.000 giovani. Numeri che ci allontanano dall’obiettivo di renderlo davvero universale e dalla possibilità di assicurare a tutti i giovani l’opportunità di servire pacificamente la Patria, impegnarsi per la propria comunità e il bene comune” scrivono gli enti.

Per sostanziare l’aggettivo “universale” del Servizio civile, dando davvero a tutti quelli che hanno voglia, l’opportunità di farlo, c’è bisogno di stabilizzazione e programmazione. I fondi devono essere adeguati, serve una continuità “liberata” dai dibattiti annuali della legge di bilancio

Rosario Lerro, Presidente ASC nazionale aps

I rappresentanti chiedono quindi al Governo e alle forze parlamentari “di utilizzare i risparmi dei mancati avvii del bando in corso, pari ad almeno 130 milioni, per potenziare il bando 2023 e di prevedere nella nuova Legge di bilancio almeno 280 milioni aggiuntivi per il 2024, che permetterebbero di avviare un contingente di 60.000 operatori volontari in Italia e 1.500 all’estero”.

“In una situazione di forte tensione sociale e di sfilacciamento delle nostre comunità, il Servizio Civile rappresenta un potente strumento di coesione e inclusione. È inoltre un’opportunità educativa unica, che fonda il processo di apprendimento sull’esperienza, e forma giovani cittadini capaci di assumersi responsabilità e di impegnarsi per le comunità, favorendo l’acquisizione di competenze civiche, sociali e professionali spendibili anche nei percorsi futuri, di vita e di lavoro” sottolineano RNVSC, FNSC, CNESC e CSVNet. “Un valore sociale ed educativo dimostrato in questi 50 anni, come più volte richiamato dallo stesso Ministro Abodi, che ha lavorato per un riconoscimento materiale e culturale dell’esperienza di servizio civile attraverso la previsione di una riserva di posti nei concorsi della PA per i giovani che lo hanno svolto”.
“Tutto il mondo del Servizio Civile seguirà con grande fiducia i lavori parlamentari dei prossimi giorni e ci rendiamo, sin da ora, disponibili a qualsiasi utile confronto” concludono i promotori dell’appello.

Il Servizio civile piace ai ragazzi che lo svolgono. Perché – dicono – è un’esperienza educativa e di formazione. E in un Paese che fa i conti con l’integrazione dei giovani stranieri, con la piaga dei “neet”, con le periferie violente, quei dodici mesi al servizio della comunità sono un’occasione da valorizzare.
Per il presidente di Asc (Arci Servizio Civile), Rosario Lerro, sono queste le evidenze che emergono dall’ultimo sondaggio interno.

«Abbiamo quasi 2mila posizioni disponibili nei progetti di quest’anno e già 1.800 ragazze e ragazzi hanno preso servizio. Da questo monitoraggio i giudizi sono i più positivi tra tutti i 20mila ragazzi intervistati finora. Danno un voto di 8,2 su 10. Al Sud i più soddisfatti. Ora però lo Stato dia risposte chiare».

Rosario Lerro, Presidente ASC nazionale aps

Ma chi sono i giovani del Servizio civile universale (Scu)?

«Innanzitutto, sono solo una parte di quanti vorrebbero farlo».

La rete Asc ha offerto 2mila posizioni, ma le domande sono state più di 6mila. Il 50% ragazze, età media 23 anni, metà studenti, uno su dieci ex Erasmus, 1/3 è laureato o con esperienze di lavoro.
La proposta di Asc è variegata: 282 progetti attivati in tutto il Paese (il 41% dei posti al Nord, 18% al Centro, 41% Sud). Il monitoraggio Asc sui suoi giovani dice che Il 23% lo sceglie per “fare nuove esperienze”, il 32% per “crescita personale e formazione”. Il 26% per “tentare un ingresso nel mondo del lavoro, ricevendo anche un compenso” (507 euro al mese). Solo il 10% per “fare qualcosa di utile per gli altri”.

«È una delle pochissime esperienze non convenzionali di formazione».

Nel Paese, conferma Asc, c’è un urgente bisogno di educazione e formazione.

«Se è vero che gran parte dei giovani del Scu ha alti livelli di studio, nei nostri progetti abbiamo anche tantissimi stranieri che cercano una formazione, anche per l’inserimento lavorativo. C’è un interesse forte, il 58%, per i percorsi legati alla cultura, all’educazione e al patrimonio storico- artistico».

E il 58% dei posti dell’ente riguarda proprio l’educazione e la promozione culturale, il 15% il patrimonio storico artistico. In calo l’assistenza, scelta dal 21% dei giovani di Asc, e l’ambiente, 5%.

«Offriamo l’opportunità di accedere ad attività e luoghi di difficile accesso con attività lavorative stabili come le biblioteche o i musei».

Merita una riflessione il modo in cui i giovani scoprono il Servizio civile.

«Sì, è un dato su cui riflettere. Il canale principale col 45% è il passaparola, Internet per il 22%, per l’11% direttamente il bando, per 8% Asc. Assenti totalmente gli attori istituzionali, bando a parte. Siamo ancora agli spot in tv, che non intercettano i giovani».

Poche, ma vitali, le richieste di Asc (e condivise da molti enti) a governo e Parlamento.

«Chiediamo che lo Stato valorizzi questa esperienza. Il nostro lavoro sta diventando sempre più burocratico e di rendicontazione, c’è sempre meno tempo per immaginare, costruire progetti in grado di coinvolgere i giovani e le comunità che abitano».

Qualche segnale positivo c’è.

«Il Dipartimento vuole far conoscere il Servizio civile nelle scuole. Bene anche la riserva del 15% di posti nei concorsi pubblici per chi ha svolto il Scu, grazie alla legge 74 del 21 giugno 2023. Ma è ora che gli enti partecipino alla programmazione e che si faccia chiarezza sul futuro: i fondi aggiuntivi del PNNR avevano portato al record di 70 mila posti. E domani? Il rischio è una rapida retromarcia. Bisogna sostanziare l’aggettivo “universale” del Servizio civile, dando davvero a tutti quelli che hanno voglia, l’opportunità di farlo.
I fondi devono essere adeguati, serve una continuità “liberata” dai dibattiti annuali della legge di bilancio. Ed è fondamentale uno snellimento delle pratiche, dunque della tempistica.
Oggi tra la pubblicazione del bando e l’entrata in servizio passano anche nove mesi. Tempi impensabili per un giovane che ha finito gli studi e cerca lavoro.
Il Governo che intenzioni ha? L’investimento sui giovani e su un futuro più coeso e solidale delle nostre comunità necessita di chiarezza sui finanziamenti e di stabilità sui numeri a bando
».

Per il 2023 la manovra stanzia 111 milioni, contro i 311 del 2022, a cui si aggiungono poco più di 200 milioni a valere sul Pnrr. La premier Meloni lo scorso settembre aveva dichiarato che occorreva “prevedere lo stanziamento di risorse strutturali per permettere ai giovani di non vedere la richiesta rigettata per mancanza di risorse

La politica parla di un’urgenza rispetto alla partecipazione civica dei giovani: poi vengono fatte proposte come la naja e non si potenzia invece uno strumento già previsto con questa finalità”.

Laura Milani, presidente della Conferenza nazionale enti per il servizio civile, commenta la sforbiciata al servizio civile universale decisa con la prima legge di Bilancio del governo Meloni.

Una proposta dal sapore elettorale, quando abbiamo già l’esperienza del servizio civile che offre ai giovani la possibilità di essere in prima linea per cambiare le storture della società.

Licio Palazzini, Presidente ASC ne ha parlato questa mattina a Radio Capital

È una buona notizia che nei prossimi mesi potranno fare domanda i giovani per ben 71.741 opportunità di servizio civile universale. Il dipartimento ha scelto in modo positivo di semplificare la procedura e di concentrare le risorse ordinarie e i residui in un solo bando, il più grande di sempre.
Adesso, Dipartimento, Regioni e Enti siamo chiamati a fare una capillare e corretta comunicazione verso i giovani e le famiglie
”.

dichiara Licio Palazzini, presidente d ASC aps

Dentro la buona notizia ci sono, comunque, alcune sfide da affrontare per dare stabilità e avere ogni anno un contingente di almeno 70.000 posizioni.

La prima sfida è portare i giovani che fanno domanda e sono selezionati a vivere compiutamente l’anno di servizio, visto l’alto numero di giovani selezionati che non si sono presentati all’avvio del progetto o che hanno lasciato dopo qualche mese”.

La seconda sfida è riportare al centro dei progetti le attività per la comunità e il ruolo degli operatori volontari. Le misure aggiuntive non possono essere usate per orientare la stesura dei progetti, come è invece accaduto quest’anno in modo specifico con l’infelice misura tutoraggio e certificazione delle competenze cui è stato attribuito un punteggio abnorme.Questa misura dovrà essere riformulata già nelle prossime settimane“.

C’è infine un aspetto nell’Allegato al Decreto di finanziamento che va chiarito. Forse voleva essere un’azione di trasparenza, ma scrivere ‘importo finanziamento’ come se fosse tale per l’ente che realizza il programma, nel Servizio Civile Universale non corrisponde al vero; forse si voleva indicare il costo del singolo progetto per lo Stato, sulla base dell’assegno mensile che il Dipartimento eroga agli operatori volontari. Ma quella formulazione creerà invece equivoci e malintesi, tanto più che gli enti di terzo settore sono obbligati ogni anno a pubblicare i finanziamenti pubblici ricevuti. In questo caso non ricevono nulla perché le risorse vanno direttamente agli operatori volontari”.

È opportuno quindi che il Dipartimento chiarisca.

Con l’approssimarsi della presentazione e discussione della legge di stabilità 2023 si è avviata la campagna di Sbilanciamoci, della quale ASC Aps è socia.
Il primo prodotto è la Gazzetta (non) Ufficiale che, seppure identica nelle forme, offre una visione alternativa per le spese che dovrebbe fare un Paese come l’Italia.

All’interno della mappa ragionata delle proposte, comprese di motivazione e risorse previste, come ASC Aps abbiamo concorso a definire il paragrafo dedicato al Servizio Civile Universale chiedendo 500 milioni per il 2023.

Vanno rafforzati gli investimenti e gli stanziamenti per il servizio civile e i corpi civili di pace ed è necessaria l’approvazione, con adeguati finanziamenti, della legge per la difesa civile e nonviolenta, tutti strumenti volti a dare sostanza all’idea dell’adempimento degli articoli 52 e 11 della Costituzione nella direzione del rifiuto della guerra e dell’adempimento del dovere di difesa della patria attraverso metodi nonviolenti.

Con mezzo miliardo di euro sarebbe possibile
• avviare al servizio tutti i/le giovani che lo richiedono.
• coprire le spese per la misura aggiuntiva tutoraggio/certificazione delle competenze, nelle modalità decise dal Dipartimento (seppure da noi criticate).

Art. 13 – (Pace, disarmo, servizio civile, cooperazione allo sviluppo)

  1. Al fine di garantire una riduzione delle spese per armamenti, nel quadro della funzionalità e operatività delle Forze Armate per iniziative di pace e di prevenzione dei conflitti, si riducono di 3 miliardi di euro i relativi capitoli di spesa presso il Bilancio della Difesa e dello Sviluppo Economico dedicati agli investimenti e la produzione di sistemi d’arma. Si stabilisce altresì, con la presente legge, una moratoria di due anni sull’avvio della produzione di nuovi sistemi d’arma. Si prevede inoltre che le somme così risparmiate vadano reinvestite in interventi di natura ambientale, economica e sociale
  2. Con l’obiettivo di promuovere modalità diverse e alternative nell’attuazione dei compiti costituzionali relativi alla difesa del paese, si destinano 10 milioni di euro alla stabilizzazione dei corpi civili di pace, così come introdotti dalla legge di stabilità 143 del 2014. Si prevede altresì di destinare 5 milioni di euro all’introduzione di un sistema nazionale di difesa civile e nonviolenta volta a diffondere metodologie e iniziative non armate in attuazione dell’articolo 52 della Costituzione.
  3. Per la necessità di avviare un processo di riconversione dell’industria militare, si stanzia in un fondo “Convert” di 200 milioni di euro presso il Ministero dello Sviluppo Economico (MISE) da destinare a piani triennali di riconversione dalle industrie militari a produzioni civili destinati ad imprese completamente private o a partecipazione pubblica, che assumano l’impegno in questo periodo di garantire i livelli occupazionali pregressi e di condividere i progetti di riconversione con le organizzazioni sindacali e gli enti locali. Si stabilisce a questo proposito presso il MISE un Tavolo nazionale di concertazione e programmazione delle iniziative, composto da: ministeri competenti, organizzazioni di categoria imprenditoriali del settore, organizzazioni sindacali, regioni ed enti locali, organizzazioni per la pace e il disarmo più rappresentative.
  4. Al fine di dare attuazione al servizio civile universale – per quanto previsto dalla legge delega 106/2016 e dal relativo decreto attuativo sul servizio civile – e di garantire a tutti i giovani che ne fanno richiesta questa opportunità, si stabilisce nel periodo 2023-2025, uno stanziamento di 500 milioni di euro per ciascun anno di riferimento.
  5. Con l’obiettivo di rispettare l’impegno assunto nelle sedi internazionali di destinare almeno lo 0,7% del PIL a politiche e interventi in materia di sviluppo la seguente legge destina 1 miliardo per le politiche di cooperazione allo sviluppo, per interventi e iniziative umanitarie, di lotta alla povertà, di lotta ai cambiamenti internazionali in ambito globale, di lotta alle diseguaglianze, più in generale di promozione della realizzazione degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite.
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Il via libera della ministra Dadone all’integrazione di ben 8.481 posizioni per il bando di servizio civile universale del 14 dicembre 2021 è una novità positiva. Sono state recepite le nostre richieste avanzate già nella Consulta del Servizio Civile dello scorso novembre. Rimangono però le perplessità rispetto alle tempistiche. Ribadiamo ancora una volta la richiesta al governo di ascoltare di più il Terzo settore nella definizione delle strategie. Noi siamo ogni giorno in prima linea e possiamo dare un contributo decisivo alla costruzione di politiche efficaci, anche in materia di servizio civile“. Così la Conferenza Nazionale Enti per il Servizio Civile (Cnesc), Forum Nazionale del Terzo Settore e CSVnet sulle novità annunciate ieri dalla ministra Dadone. I tre enti sottolineano alcuni aspetti positivi delle ultime decisioni del governo, ma ribadiscono la necessità di maggior dialogo anche per risolvere le criticità che rimangono.

La prima – affermano Cnesc, Forum Terzo Settore e CSVnet – riguarda le tempistiche contestuali alla proroga del bando: perché – chiedono – attendere il giorno precedente alla scadenza, il 25 gennaio, quando nel 2021 la proroga stessa arrivò il 13 gennaio? Adesso per 471 progetti e 102 programmi i giovani e gli enti interessati hanno tempo fino al 10 febbraio, cioè 15 giorni per conoscere, scegliere e fare domanda. La proroga è positiva, ma molti giovani e anche alcuni enti oggetto dell’integrazione si sentono danneggiati“.
Ci aspettiamo – aggiungono – che il Dipartimento avvii da domani la massiccia campagna informativa che non è stata fatta nelle settimane passate e che ha pesato, assieme ad altri fattori, sul numero ridotto di domande presentate“.

Sono state pubblicate il 25 gennaio in tarda serata anche le disposizioni per l’Avviso deposito di nuovi programmi e progetti. L’innovazione più rilevante, sul piano dei contenuti, è la misura sulla certificazione delle competenze di base, sulla quale sono convogliati punteggi e risorse.
Ci stupiamo però – commentano ancora a tal proposito Cnesc, Forum Terzo Settore e CSVnet – che, nonostante il 21 dicembre e il 17 gennaio fossero state avanzate dalla Cnesc dettagliate proposte alternative, in linea con le disposizioni vigenti e tese a valorizzare anche le competenze di cittadinanza e quelle trasversali e nonostante il parere contrario della Consulta Nazionale, resta la previsione in capo agli enti della certificazione delle competenze di base acquisite dai giovani, quando la legge, più correttamente, parla di ‘attività propedeutiche per la valorizzazione delle competenze’. Questa misura comporta l’impegno di risorse del fondo del servizio civile, sottraendole al contingente annuo proposto ai giovani. Anche l’assenza di interlocuzioni istituzionali, a cominciare da quelle con le Regioni e Province Autonome, e la vaghezza delle indicazioni aprono la strada a una stagione di conflitti e incertezze“.

I tre enti sottolineano poi la mancata risposta su specifici quesiti riguardanti l’impatto dei fondi PNRR. “Gli enti di servizio civile hanno il diritto di sapere – affermano – a cosa vanno incontro quando depositeranno i programmi e i progetti, in termini di responsabilità e di carico operativo”.
Positivo infine l’avvio alla sperimentazione di interventi ulteriori in campo ambientale, con l’avviso “Servizio Civile Ambientale” e anche la pubblicazione del secondo avviso per il Servizio Civile Digitale.
Anche se su questo il termine del 10 marzo – concludono – con un avviso pubblicato il 25 gennaio, rende difficili aggiornamenti qualitativi dei testi, sempre chiarito che si tratta di progetti di servizio civile e non di formazione professionale di personale. Rinnoviamoconcludono Cnesc, Forum Terzo Settore e CSVnet la disponibilità al dialogo per risolvere insieme tutte le criticità“.

Alla vigilia di uno dei compiti più alti e delicati della vita politica ed istituzionale del paese, l’elezione del Presidente della Repubblica italiana, la Campagna “Un’altra difesa è possibile” ha deciso di intervenire nel dibattito con una lettera aperta indirizzata ai Grandi Elettori che nei prossimi giorni inizieranno la serie di votazioni in Parlamento.

La missiva non ha lo scopo di “dare suggerimenti o indicare nomi”, come evidenziato dalle Reti promotrici, ma intende “richiamare l’attenzione su un aspetto finora trascurato: quello della difesa non armata e nonviolenta e della mancanza di un luogo istituzionale che la coordini e la promuova”.

Nella propria lettera la Campagna ricorda anzitutto di essere promotrice con una Petizione a Camera e Senato, di una proposta di Legge – già all’attenzione delle competenti Commissioni Affari costituzionali e Difesa – che istituisce il Dipartimento per la Difesa civile non armata e nonviolenta, strumento istituzionale necessario per il riconoscimento della parità costituzionale tra difesa militare e difesa civile. “Occorre una pari dignità con pari legittimità – sottolineano le organizzazioni firmatarie – perché la difesa della Patria, cioè l’integrità della nostra comunità oggi minacciata dalla pandemia, dalla crisi climatica e dalle armi nucleari, è affidata dalla Costituzione ai cittadini ed è un sacro dovere che riguarda ciascuno di noi”.

Per questo motivo “Un’altra difesa è possibile” si rivolte a coloro che hanno il compito di eleggere il prossimo Capo dello Stato che tra le sue funzioni “ha il comando delle Forze armate, presiede il Consiglio supremo di difesa costituito secondo la legge, dichiara lo stato di guerra deliberato dalle Camere”. E dunque poiché il riconoscimento giuridico e la parificazione tra difesa armata e difesa nonviolenta è già stato fatto proprio dal nostro ordinamento si deve correttamente intendere che il Presidente della Repubblica “ha il comando delle Forze armate e disarmate, presiede il Consiglio supremo di difesa armata e nonviolenta costituito secondo la legge, dichiara lo stato di guerra o di resistenza nonviolenta deliberato dalle Camere”.

La nostra Repubblica è nata da uno strumento nonviolento quale il Referendum popolare e la Costituzione su cui si basa ripudia la guerra e vuole la pace: occorre dunque che salga al Quirinale un Presidente attento a questi principi, un Capo delle Forze Armate e della Forze Disarmate che sappia riconoscere e sostenere la pari dignità di chi difende i valori costituzionali senza ricorrere alle armi. Dal Quirinale potrebbe venire un riequilibrio dei poteri della difesa, ricordando il motto che fu proprio di un Presidente del passato: “Svuotare gli arsenali, riempire i granai”, un programma ancora tutto da attuare.

Negli ultimi anni l’intera comunità nazionale ha difeso, con costi e impegno altissimi, la salute individuale e la sanità pubblica. Non c’è bene superiore del diritto alla vita, tutto il resto viene dopo. Eppure il bilancio della difesa è assorbito esclusivamente dalla spesa militare (quasi 26 miliardi di euro nel 2022 con un incremento del 20% in tre anni) mentre alla difesa civile non armata e nonviolenta non arrivano nemmeno le briciole. Una situazione che ci impegneremo a cambiare.

Negli ultimi mesi stiamo assistendo all’allontanamento del Servizio Civile Universale (SCU) dalle sue finalità di legge, è stato perfino cancellato il sito ad esso dedicato www.serviziocivile.gov.it.

Sembra ci sia un tentativo di ridurre il servizio civile, che ha una propria autonoma legge, ad una branca delle politiche giovanili, a loro volta focalizzate principalmente sulla ‘occupabilità dei giovani’ e ci chiediamo se sia questo l’intendimento del Governo”. Così Vanessa Pallucchi, Portavoce del Forum del Terzo Settore e Licio Palazzini, presidente Cnesc e coordinatore del Tavolo Servizio Civile.

Si collocano in questo quadro la modifica della programmazione triennale, con la cancellazione di quelle annuali, l’assenza di un finanziamento triennale e l’apertura di un vuoto procedurale nel quale resta il solo Dipartimento per le politiche giovanili e il servizio civile universale. Stesso trattamento è riservato all’attuazione più concreta del SCU, con una serie di azioni che inficiano il raggiungimento degli obiettivi affidati al Servizio Civile Universale, come peraltro previsto nel PNRR.

Il bando giovani, pubblicato a metà dicembre, con scadenza 26 gennaio per la presentazione delle domande, fissa tempi per le selezioni che sono in contrasto con la normativa che regola i concorsi pubblici – solo 37 giorni invece di 90 -. Ci risulta che molte organizzazioni hanno scritto alla Ministra Dadone, ma ad oggi non hanno ancora ricevuto risposta. Inoltre si è assistito ad una sostanziale assenza della campagna informativa che il Dipartimento è tenuto a realizzare durante il bando, lasciandone ai soli Enti l’attuazione e mettendo così a rischio la presentazione della domanda da parte dei giovani. Criticità e silenzio anche sul ricorso ai residui finanziari del 2021 per ampliare i posti per i giovani, e sul tema della certificazione delle competenze acquisite. In ultimo, salgono vertiginosamente le segnalazioni di provvedimenti necessari all’operatività quotidiana delle organizzazioni e dei giovani, che sono fermi da settimane.

Denunciamo questa grave, quanto inedita situazione – proseguono Pallucchi e Palazzini e invitiamo la Ministra Dadone ad attuare la Legge 106/2016 e il DL n. 40/2017, e ristabilire le interlocuzioni con gli Enti, le Regioni e PA e con la rappresentanza. Il dialogo e il confronto sono stati la carta vincente, in passato, per far svolgere al Servizio Civile – attraverso il concorso delle organizzazioni accreditate e dei giovani che lo scelgono – la sua funzione di promozione delle condizioni di sicurezza e coesione dei cittadini e delle comunità (difesa civile e non armata), nonché dei valori fondanti della Costituzione. Il Forum è disponibile a partecipare ad un tavolo di confronto istituzionale per analizzare e portare a soluzione le problematiche che si stanno evidenziando nella gestione del Servizio Civile Universale.”

La CNESC, il Forum Nazionale del Servizio Civile, l’AOI e la Rappresentanza Nazionale degli Operatori Volontari esprimono apprezzamento per lo sblocco delle partenze in alcune aree di 7 Paesi in seguito alla Circolare recante indicazioni agli enti di servizio civile in relazione all’impiego degli operatori volontari in Paesi esteri a rischio pubblicata lo scorso 23 settembre.

Un’apertura importante che permette finalmente ad almeno 112 operatori volontari di ripartire.
Tuttavia rimangono ancora circa 150 giovani bloccati, numero che rischia di diminuire anche per le rinunce- ad oggi almeno 38- di quanti non ce la fanno più a rimanere sospesi nel limbo, demotivati e sfiduciati dopo essere stati avviati al servizio e da quasi due mesi, per la maggior parte, bloccati nelle partenze dalla comunicazione del 13 agosto.

Quali le prospettive future? Quali gli ulteriori passi verso lo sblocco delle partenze?
Domande che rimangono ancora senza risposta, motivo per cui gli enti e la rappresentanza degli Operatori Volontari pochi giorni fa hanno mandato una richiesta di incontro alla Ministra Dadone.
Appurato, infatti, dopo la risposta ufficiale del MAECI all’interrogazione parlamentare sul blocco delle partenze, che il parere negativo non è da intendersi come divieto, la responsabilità della decisione è proprio del Dipartimento e della Ministra.
L’obiettivo dell’incontro non è solo quello di sbloccare le partenze per i 12 Paesi, anche perchè attraverso il lavoro degli enti e la disponibilità dei giovani al ricollocamento in altri Paesi, immaginiamo di poter trovare, in tempi brevi, una opportunità d’impegno all’estero per la maggior parte degli operatori volontari bloccati, ma soprattutto di ridefinire una procedura certa, anche in vista della valutazione dei programmi in corso e per l’imminente bando sui Corpi Civili di Pace, che stabilisca quando non si può andare nel Paese.

Ad oggi, infatti, i protocolli previsti sembrano essere disattesi: per la maggior parte dei Paesi infatti il sito www.viaggiaresicuri.com non sconsiglia a qualsiasi titolo l’ingresso, se non per alcune aree dove non sono presenti le sedi degli enti, col risultato che per lavoro o studio qualsiasi cittadino italiano può recarsi oggi nei Paesi interessati dal blocco, ma non per il Servizio civile.
Inoltre, risulta ormai evidente che, alla base della decisione sulle partenze, non c’è una valutazione dei piani di sicurezza previsti dagli enti, che individuano gli accorgimenti necessari per garantire appunto i livelli di sicurezza, ma soltanto una fotografia dei rischi presenti nel Paese.
E ancora, il MAECI a un tavolo congiunto il 16 settembre, ha dato il suo nulla osta al Dipartimento perché fossero condivise con gli enti le motivazioni (sanitarie? di ordine politico?) alla base del “divieto”. Informazioni essenziali per adeguare i piani di sicurezza ai rischi presenti ma che ad oggi non sono state ancora socializzate.

Ancora, la circolare del 23 settembre non recepisce alcuni suggerimenti degli enti per rendere maggiormente flessibile il ricollocamento dei volontari in altri Paesi, considerando la situazione straordinaria della sospensione delle partenze. Seppur disponibili a cercare soluzioni e a tentare una seppur complessa riorganizzazione, gli enti si trovano limitati da alcuni vincoli formali, che potrebbero essere superati facendo tesoro dell’esperienza del bando precedente, quando sono stati messi in campo strumenti flessibili per gestire l’emergenza.

La richiesta, infine, di un’assicurazione sanitaria integrativa obbligatoria come condizione necessaria per lo sblocco di alcuni Paesi – vedi Ecuador e Cile – dovrebbe essere, secondo gli enti, una responsabilità del Dipartimento non solo in quanto titolare della copertura assicurativa generale degli operatori volontari ma anche in relazione alla copertura economica garantita, ad esempio, dal risparmio legato alle posizioni previste ma che non verranno attivate con il quale si potrebbero coprire le spese aggiuntive richieste per garantire maggiore sicurezza.

Gli enti e la rappresentanza dei giovani confidano nella disponibilità della Ministra a incontrarli, a fare il possibile per sbloccare in tempi rapidi i Paesi ancora sospesi e a chiarire le procedure che realmente garantiscono la sicurezza, trasformando così una situazione problematica in una opportunità di crescita per l’istituto del servizio civile all’estero.