Senza memoria non c’è futuro
In occasione della Giornata della Memoria, necessaria come mai negli ultimi anni, un commento di Mao Valpiana, presidente del Movimento Nonviolento
Subito dopo la Seconda guerra mondiale c’era voglia di dimenticare, voltare pagina, chiudere con il passato, guardare avanti. I nazisti, fuggendo, avevano cercato di cancellare, bruciare le prove dei campi di sterminio, far sparire le tracce. Era meglio, per tutti, fare finta di non sapere.
Se oggi abbiamo memoria di ciò che fu, è solo grazie ai testimoni, ai sopravvissuti, agli ex deportati, che hanno conservato indelebili ricordi, che hanno raccontato, che hanno mantenuto la coscienza vigile.
Grazie ad Associazioni come Aned (associazione nazionale ex deportati nei campi nazisti), Anpi, gli Istituti storici della Resistenza, oggi conosciamo perfettamente come il nazifascismo pianificò lo sterminio, come fu possibile che ciò avvenisse nel cuore dell’Europa.
È questa “memoria” che ci spiega come l’Olocausto non fu opera di un piccolo gruppo di pazzi gerarchi nazisti, ma fu una immensa operazione politica e bellica preparata, finanziata, sostenuta, attuata con il consenso di milioni di persone. La tragica guerra mondiale che mise in ginocchio l’intera Europa, fu la conseguenza di quella pianificazione. I treni, i forni crematori, furono il necessario corollario di quella politica militarista. Questa è la verità che ci tramanda la Memoria.
L’immane massacro di milioni di ebrei, rom, omosessuali, disabili, malati psichiatrici, oppositori, politici, obiettori di coscienza, disertori, renitenti, e di altri “diversi”, non sarebbe stato possibile se la furia nazista non avesse trovato terreno fertile nella collaborazione delle Istituzioni e in buona parte delle popolazioni dei Paesi occupati. Furono italianissimi funzionari obbedienti alle leggi razziali del 1938 a predisporre gli elenchi di cui poi si sarebbero avvalse con facilità le SS per arrestare e deportare. Non sarebbe bastato l’esercito nazista a sterminare gli ebrei ucraini, ungheresi, rumeni, francesi, greci, e molti altri ancora, se in ciascuno di quei Paesi il razzismo, l’antisemitismo, il collaborazionismo, la delazione non avessero spianato la strada agli assassini in divisa.
Solo con la resistenza nonviolenta, con l’obiezione di coscienza, con la disobbedienza civile alla barbarie che vuole tornare, solo con la promozione dei Diritti umani e il rispetto della Costituzione, sarà possibile fermare lo sterminio oggi ancora in atto. Dobbiamo recuperare la memoria del passato, per trovare la forza di agire nel presente.
Ciascuno di noi è chiamato oggi a costruire l’antibarbarie.
Dunque, dobbiamo essere infinitamente grati a quelle donne e quegli uomini, a chi con la nonviolenza resistente si oppose alla violenza nazista, a chi non ha taciuto, a chi ha saputo dire no, se oggi celebriamo la Giornata della Memoria.
Le parole di speranza scritte da Anna Frank nel suo Diario sono rivolte a noi: Vedo il mondo mutarsi lentamente in un deserto, odo sempre più forte l’avvicinarsi del rombo che ucciderà noi pure, partecipo al dolore di milioni di uomini, eppure, quando guardo il cielo, penso che tutto si volgerà nuovamente al bene, che anche questa spietata durezza cesserà, che ritorneranno l’ordine, la pace e la serenità.
Tocca a noi, qui ed ora, alzare la testa per guardare il cielo.
HATE SPEECH, DALLA PROPAGANDA NAZISTA AI LEONI DA TASTIERA
La giornata della memoria (27 gennaio) diventa l’occasione per riflettere sull’oggi. Se l’olocausto è stato possibile anche grazie a un uso consapevole del linguaggio e della propaganda, che hanno sdoganato i concetti di razza e la legittimità a fare distinzioni fra gli uomini, possiamo ignorare le parole d’odio, i leoni da tastiera, il bullismo digitale?
Ne parliamo con Martina Chichi, già Hate Speech Project Officer per Amnesty International Italia e coordinatrice del Barometro dell’odio.