Rendersi doppiamente utili – Agenda 2030: giovani e sostenibilità

I giovani e il servizio civile in prospettiva occupazionale

Il servizio civile, in circa 40 anni di esercizio, ha dimostrato di essere una formidabile palestra di cittadinanza, un’esperienza di crescita personale e un’occasione per migliorare le proprie competenze. Il servizio civile è stato e sa essere un generatore di persone formate all’impegno e alla partecipazione in una fase in cui il tessuto sociale è sempre più lacerato.

L’esperienza consolidata in questi decenni ci consente di affermare che chi ha fatto servizio civile è più attrezzato a saper lavorare di chi non ha avuto questa opportunità– dichiara Licio Palazzini, Presidente CNESC –I giovani che scelgono di dedicare questo anno della propria vita alla comunità sono disponibili a dare agli altri, sia individualmente che dentro percorsi organizzati. Sono capaci di leggere le sfide che affronta la società e che influiranno sulla loro generazione, dall’impatto nei territori del cambiamento climatico, alla dimensione socio-sanitaria della salute, fino ai mutamenti demografici e sociali.
Durante il passare dei mesi acquistano coscienza di sé e si rivelano consapevoli e disponibili a impegnarsi con le istituzioni, come partecipanti al voto o in qualità di rappresentanti nelle istituzioni, nelle giurie popolari.
Come CNESC, sono qualità che coltiviamo e contribuiamo a far maturare durante i mesi di servizio civile per formare persone che siano innanzitutto cittadini.
Però, mentre l’Europa intitola il recovery fund “Next Generation EU”, in Italia corriamo il rischio di dimenticare proprio i giovani e le opportunità che dovremmo garantirgli.
Questo enorme patrimonio, anziché coltivarlo per valorizzare le potenzialità delle generazioni future, lo stiamo trascurando: la legge di stabilità 2020 ha stanziato 99 milioni per il 2021 e 104 milioni per il 2022, ma con tali cifre gli avvii precipiterebbero dai 53mila del 2018 ai 18mila del 2021.