La cultura della militarizzazione

Il riarmo, l'economia di guerra, la militarizzazione delle città, ma anche l'onnipresenza di immagini che promuovono le Forze Armate, in ogni loro forma ed in ogni luogo, particolarmente quelli frequentati dalle e dai giovani (scuole, saloni dell'orientamento, fiere e grandi eventi culturali) rispondono alla medesima logica e, cioè, quella in base alla quale le prove di forza, la difesa armata e violenta, il riarmo, siano la risposta da preferire nelle controversie internazionali, al dissenso locale, ai regimi autoritari. C'è una sottile linea che tiene insieme tutto questo ed è la volontà politica, non solo nazionale e non necessariamente solo di una parte, di promuovere una cultura della forza, che quasi sempre diventa prevaricazione. E finisce anche per educare alla prevaricazione.
Noi siamo su una linea diametralmente opposta.
La nonviolenza, come atteggiamento attivo e di dialogo, la difesa non armata e il disarmo sono la sola strada per educare ad un futuro di pace.
Il dialogo, il confronto culturale e l'inclusione sono l'unica possibilità contro il rischio, in un quartiere, per un centro culturale, così come nel mondo, di scivolare verso la barbarie.
I recenti fatti di Torino, che hanno coinvolto il Centro Sociale Askatasuna, nella loro modalità, rientrano in questo quadro.
Parafrasando Roberto Benigni in una recente intervista sottolineiamo un concetto semplice quanto tristemente ignorato: la guerra è immorale, se vuoi la pace prepara la pace.