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La Rete dei Diritti

La Rete dei Diritti

Mi è stato chiesto di raccontare come si realizza il nostro progetto di Servizio Civile Universale, “la Rete dei diritti”, presso Arci Solidarietà Onlus. Sebbene possa sembrare un compito facile, la questione è, in realtà, abbastanza articolata sia per la complessità e la bellezza delle cose che viviamo ogni giorno – difficili da riportare nella loro interezza – sia per l’intreccio delle nostre biografie, tutte molto diverse l’una dall’altra.

Poco dopo aver cominciato, abbiamo subito capito che il nostro compito non era solo stare dentro la “Rete”, ma iniziare a tesserla dalle nostre prospettive e grazie alle nostre competenze, tutte diverse e tutte – a loro modo – utili.

In effetti, ci siamo resi conto che mentre la “Rete” cambiava e si adattava ai contesti, ai nuovi problemi e al nostro piccolo contributo accompagnato da quello più esperto degli operatori, cambiavamo anche noi.

La “Rete dei diritti” è anche una metafora della realtà che ci circonda. È un nome adeguato perché rappresenta l’intreccio delle istanze e delle risposte che realtà come Arci Solidarietà danno ogni giorno ai bisogni che emergono quotidianamente. Istanze che spesso si sovrappongono perché possono trovarsi all’“incrocio” di più problemi. Essere una donna migrante vuol dire trovarsi proprio lì: né solo donna, né solo migrante. Vuol dire vivere un’esperienza qualitativamente diversa e trovarsi a subire un carico di ingiustizia spesso difficilmente misurabile o, troppo spesso, visibile.

La “Rete dei diritti” rappresenta anche la difficoltà del mondo del non profit che tenta di costruire risposte collettive per impattare positivamente sulla società a partire da una realtà frammentata che non garantisce, in partenza, un approccio organico di intervento. Tramite i bandi – che rappresentano delle opportunità ma anche una parcellizzazione delle risposte – il non profit si assume la responsabilità e il compito di “cambiare le cose” in un momento storico in cui “le cose” non stanno andando per niente bene.

Poste queste premesse che ritengo essenziali per inquadrare quello che facciamo, entriamo nel pratico.

All’inizio del progetto Mariangela, la nostra OLP, ci ha presentato l’inventario diversificato delle attività di Arci Solidarietà che rientravano nel progetto, e abbiamo collocato il nostro percorso e le nostre competenze nella vita dell’organizzazione: Valerio, Fode e Lamin nel lavoro nei Centri di Aggregazione Giovanile (CAG) e nei corsi con le beneficiarie dei servizi SPRAR, Ilaria e Margherita nell’area sanitaria dello SPRAR e io tra l’ufficio progettazione, le scuole dove implementeremo il progetto europeo NEMO e un nuovo CAG in apertura.

Abbiamo quindi cominciato questa nuova vita nei progetti, ma anche all’interno dell’organizzazione e come gruppo di volontari. Essendo impossibile riportare tutto quello che facciamo, ho chiesto ai miei “compagni di viaggio” di raccontarmi il loro servizio civile e gli episodi che più li avevano colpiti dall’inizio del progetto ad oggi. Farò in questa sede da portavoce delle loro e delle nostre storie.

Partiamo da un piccolo presupposto, questo gruppo è decisamente controvento. Sembriamo quasi una barzelletta: una sociologa, due ragazzi “non italiani”, un politologo, una futura assistente sociale e un’attrice impegnata nel teatro sociale. Tutte figure che bene o male, questo periodo, risultano un po’ scomode. Un po’ sbagliate.

Ilaria, dall’area sanitaria mi ha raccontato quanto possa essere complesso gestire sia le emergenze, sia il quotidiano tra uffici, documenti e accesso ai servizi per garantire alle beneficiarie un percorso verso l’autonomia. Quando, con le altre volontarie e colleghe, non sono in giro nel tentativo di sciogliere il groviglio burocratico, fanno attività di back office per gestire gli appuntamenti e costruire le schede sociali a misura delle persone che incontrano. Dai banchi universitari, trovarsi quotidianamente a contatto con le persone, ha significato per lei iniziare ad imparare in prima persona, avendo l’opportunità di conoscere culture che solitamente non le erano accessibili. Per la prima volta si è trovata a confrontarsi con delle donne migranti, incontrando ragazze della sua stessa età che vengono da percorsi di vita completamente diversi; uno specchio complesso. In Arci, percepisce il rispetto dei valori di solidarietà, integrazione e ascolto verso l’altro ed ogni giorno si sente emotivamente provata e coinvolta.

Per Margherita questa esperienza di servizio civile è un grande arricchimento, soprattutto per l’aspetto relazionale con l’equipe e le beneficiarie. Ha avuto l’opportunità di creare un contatto reale con gli utenti, e questo elemento la stimola e le dà soddisfazioni. Perché significa parlare con le beneficiarie, seguirle nel loro percorso e condividere momenti importanti. Ad esempio, tra questi, ricorda commossa l’ecografia di una ragazza incinta, che le ha chiesto di assistere alla visita. Insieme hanno scoperto che aspettava una bambina.

Anche il lavoro di equipe è un’esperienza nuova che le trasmette un approccio propositivo e di condivisione dei successi e di risoluzione delle difficoltà. I progetti a cui collabora nello SPRAR sono molti e diversi, e, con gli altri colleghi, per tenersi aggiornati e raccontare le proprie esperienze sul campo, si riuniscono il giovedì a pranzo per confrontarsi, dando spazio a nuovi stimoli e possibilità di curiosare in più realtà.

Fode è felice soprattutto dei rapporti umani che sta costruendo con i ragazzi e i colleghi. È un ragazzo pieno di energia e di vita, che dall’inizio del progetto ha detto chiaramente che nella vita avrebbe voluto fare l’attivista. Ha girato molti paesi con la Croce Rossa in Africa e parla tantissime lingue. Rappresenta davvero una persona che fa tesoro della sua esperienza di vita per restituirla alla collettività. Vuole trasformare, di fatto, il suo percorso biografico in una missione di vita.

Valerio al lavoro con gli adolescenti, si rivede da giovane. Lavora in due CAG in contesti molto diversi. In uno i ragazzi appartengono perlopiù alla comunità del Bangladesh, sono molto tranquilli, e a loro impartisce anche l’insegnamento dell’italiano L2. L’altra realtà è di un CAG periferico, più difficile e con tante criticità. Quando gli chiedo di raccontarmi un episodio in particolare, mi dice che nessuno aveva mai montato un telescopio che era rimasto abbandonato in un angolo del centro. Finalmente decidono di rimettere insieme i pezzi in un giorno in cui il centro era un po’ vuoto e quando torna la gang di Spinaceto, uno dei ragazzi rimane folgorato dal funzionamento del nuovo oggetto comparso. Anche se in effetti finiscono per utilizzarlo solo di giorno puntando le foglie e spiando un po’ i vicini. Insomma, un telescopio e un’astronomia tutta da inventare, “le stelle tra arbusti e balconi”.

Valerio si rivede e rivede i suoi amici da piccoli, come i ragazzi che frequentano il CAG. Li rivede con un’altra ottica, appare a loro con un altro ruolo. Gli viene ridere perché sono dei bambini, si atteggiano da grandi. Ma non hanno neanche i baffi, sono dinamiche che definisce “un sacco dolci”.

Lamin è il più giovane di tutti noi, è un ragazzo dolcissimo. Ha operato in un CAG in cui passava le ore ballando, ascoltando la musica e giocando a biliardino con i ragazzi. Stava per iniziare un corso di danza che purtroppo non è mai partito perché il servizio del CAG è arrivato alla sua conclusione. Nel progetto “Aurora”, svolge un ruolo di mediazione, segue le lezioni di italiano e traduce in inglese alle beneficiarie, quando necessario.

Io sono entrata nell’ufficio progettazione, pensavo che sarebbe trascorso del tempo prima di iniziare a “mettere le mani” sui progetti, e invece mi hanno permesso subito di rendermi utile. In cinque mesi ho imparato tantissime cose sul mondo della progettazione, in particolare quella europea. Ora stiamo concludendo la ricerca qualitativa di un progetto, grazie alla quale ho avuto l’occasione di fare interviste a studenti, insegnanti e genitori. Con un nuovo CAG in apertura, mi confronto ora anche con i ragazzi delle medie, per me una nuova avventura. Sebbene da anni mi capiti di fare iniziative, seminari e progetti con gli studenti delle superiori, non conosco ancora così bene il misterioso mondo dei preadolescenti.

In conclusione, ASC Roma è una realtà che ha valorizzato le nostre esperienze e ci sta permettendo di crescere e formarci. Per molti ragazzi il servizio civile sta diventando una strada obbligata per accedere al mondo del lavoro, noi abbiamo la fortuna di viverlo anche nella sua dimensione pienamente valoriale, come un anno di restituzione alla società di qualcosa che la società o il nostro percorso ci ha dato. Ma anche come un ponte verso il futuro, per renderci persone più formate, più consapevoli e con un bagaglio incredibile di esperienze che difficilmente avremmo potuto fare altrove.

Quando penso al principio di “difesa della patria nonviolenta” (da Costituzione), mi dico che noi tutti rientriamo poco nelle categorie tradizionali delle patrie associate agli Stati e alle nazioni. Tentiamo piuttosto di essere promotori e costruttori attivi di valori. Valori costituzionali, certamente. Ma non solo italiani. Magari un giorno valori costituzionali europei. Sicuramente, valori globali. Valori itineranti, ancora tutti da realizzare.