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Mauthausen 2018 – terza parte

Mauthausen 2018 – terza parte

Le nostre volontarie di Servizio Civile, del progetto “la memoria come strumento di educazione alla Pace”, sono partite per il viaggio che ogni anno Ventimila Leghe e Aned- Associazione Nazionale Ex Deportati Sesto San Giovanni Monza organizzano in occasione delle celebrazioni dell’anniversario della liberazione del Campo di concentramento di Mauthausen. Ecco un breve racconto del viaggio.

NB: solo gli uomini venivano segnati come omosessuali e avevano come segno distintivo il triangolo rosa. Le donne omosessuali venivano classificate come asociali e veniva loro assegnato il triangolo nero.

La lapide che ricorda i deportati omosessuali.

TERZO GIORNODOMENICA 6 MAGGIO: CAMPO DI MAUTHAUSEN

Il terzo giorno siamo partite la mattina presto verso il campo di Mauthausen, la mattinata è stata dedicata alle cerimonie ufficiale, mentre il pomeriggio è stato dedicato alla visita guidata del campo.

Le cerimonie ufficiali sono cominciate con la deposizione delle corone di alloro, la prima è stata deposta sulla lapide che, all’interno del campo, ricorda i deportati omosessuali, che avevano come segno di riconoscimento il triangolo rosa.

Le altre corone d’alloro sono state deposte nei monumenti, per la maggior parte nazionali, che sono stati costruiti all’esterno del campo, dove sorgevano le baracche delle SS,al monumento che ricorda i bambimi vittime della deportazione e al monumento che ricorda il Porajmos, ovvero lo sterminio dei sinti e rom.

 

 

Terminata la processione di deposizione delle corone ci siamo diretti al monumento che ricorda i deportati e i morti italiani, dove si è svolta una celebrazione nazionale con la presenza dei rappresentanti istituzionali di alcune città, tra cui Sesto San Giovanni, Milano, Firenze, Bologna, Prato, l’intervento del Ministro dello Sport Luca Lotti e il presidente dell’ANED nazionale Dario Venegoni.

 

Il corteo. La porta che vedete è l’entrata del campo, da cui poi si estende l’Appelplatz.

È poi cominciata la cerimonia internazionale, in cui le delegazioni di tutti i paesi, tra cui Spagna, Polonia, Stati Uniti, hanno sfilato in corteo, ognuno con le proprie bandiere e i gonfaloni della propria città lungo l’Appelplatz, la piazza dove ogni giorno si svolgeva l’appello dei deportati.

Il nostro percorso poi prevedeva di scendere la “scala della morte”, la scalinata che dal campo portava ad una cava di granito. All’epoca gli scalini erano irregolari e sconnessi, le SS si divertivano ad tirare colpi sulle gambe dei deportati che trasportavano blocchi di granito, per vedere quando sarebbero caduti e quante persone avrebbero trascinato con loro. All’inizio della discesa verso la scala si trova un dirupo, il “muro dei paracadutisti”, da cui venivano gettati, o costretti a gettarsi alcuni prigionieri. Un prigioniero che stava per essere gettato giù da una SS trovò il coraggio e la forza di lanciarsi, portandosi dietro l’SS. Non siamo però riusciti a scendere, poichè il governo austriaco lo scorso ottobre ha deciso di chiudere l’accesso alla scala.

I prigionieri ammassati.

Dopo la pausa pranzo si è svolta la visita guidata del Campo, che è cominciata dalla piscina che si trova all’esterno, che era la piscina delle SS. Siamo poi entrati nello spazio che era dedicato ai garage, un  rettangolo circondato da una fortezza in muratura sovrastata da due torrette di avvistamento. Durante gli anni in cui il campo fu attivo, un inverno le condizioni sanitarie del campo erano talmente tanto gravi che venne deciso di sanificare tutte le divise dei prigionieri del campo. I prigionieri vennero ammassati tutti in questo spazio, tutti nudi ed esposti alle intemperie, si stima che durante quei giorni trovarono la morte quasi 5000 persone.

Credits: http://www.giovannicarrieri.com/historical-paths/campo-concentramento-mauthausen/portfolio-photo.php?idphoto=1669&language=it
L’ingresso ai garage

 

 

Abbiamo poi proseguito la visita nell’area in cui sorgeva il campo vero e proprio, ovvero l’area riservata ai prigionieri. Abbiamo visitato la sala dello spogliatoio e delle docce: queste sale erano le prime dove venivano condotti i deportati, che qui venivano spogliati, completamente rasati e lavati. Venivano privati della loro identità e all’uscita veniva loro consegnata la divisa a righe grige e blu, il cappellino a righe e gli zoccoli di legno. il nostro giro continua e torniamo nell’area dell’Appelplatz, in cui sono ancora visibili e visitabili le baracche dei prigionieri, non è più possibile vedere i letti poichè sono stati smantellati per questioni igieniche ma è ancora possibile visitare la stanza dei bagni, dove è possibile vedere i due enormi lavandini che i deportati usavano per lavarsi.


Dall’Appelplatz ci spostiamo verso i locali interrati, che ospitano i forni crematori, attraversiamo un lungo corridoio sui cui sono scritti i nomi delle persone che qui morirono e dove è possibile consultare i registri completi dei morti del campo di Mauthausen, alla fine di questo corridoio si trova la camera a gas. Il nostro giro si conclude con la visita della prigione del campo, è possibile vederne una piccola parte e le celle non sono visitabili, e la visita al museo del campo.

Nel pomeriggio si è poi tenuta una messa di fronte al monumento italiano, seguito da un breve concerto di violino di Mariela Valota, accompagnata da una sua allieva, che ha suonato il violino del nonno che venne deportato in Austria. Peppino poi ha tenuto a ringraziarci tutti, per aver condiviso questo viaggio e per il “bagno di umanità” che questo viaggio rappresenta. Prima di andare via, grazie ad un permesso del Comitato internazionale di Mauthausen, siamo riusciti a scendere la scala della morte e abbiamo qui terminato il nostro pellegrinaggio a Mauthausen.

QUARTO GIORNO – LUNEDÌ 7 MAGGIO: RITORNO A MILANO

Il nostro viaggio prosegue lunedì mattina con la partenza in pullman per tornare a Milano. Durante la mattinata c’è stato spazio per un ultimo momento di approfondimento sulle storie che nei giorni precedenti ci erano state raccontate, mentre nel pomeriggio, nelle ultime ore di viaggio c’è stato uno spazio di “microfono aperto” in cui ognuno ha potuto condividere i propri pensieri.