Home
Racconti
Una breccia in cui cadere dentro

Una breccia in cui cadere dentro

Il titolo della mia esperienza cita le parole di Dario, un educatore del Centro studi Sereno Regis, al convegno wARTrasformation: arti che “fanno” pace che si è svolto venerdi 13 e sabato 14 maggio 2016. Le sue parole facevano riferimento all’inizio del docufilm Un milione di passi della tapdancer Marije Nie, quando la giovane donna scorge una rottura sul pavimento e vi cade dentro, ritrovandosi in Turchia, ad Istanbul (proprio nel giugno 2013, quando dal sit-in pacifista contro la costruzione di un centro commerciale al Parco Gezi ha inizio un movimento ben più complesso ed ampio). Il mio pomeriggio è iniziato pressoché con la stessa inconsapevolezza, la sensazione è stata quella di aver messo piede in uno spazio importante, quieto e vivissimo, in cui cadere dentro per scoprire chi  e come, con noi, è su questo pianeta.

La domanda che ha originato il convegno era questa: l’arte può (e come può) contribuire concretamente alla riduzione della violenza diretta, culturale e strutturale?

La risposta è giunta da operatori, videomaker, volontari, fotogiornalisti, musicisti, studenti e docenti, educatori, architetti… o usando altre etichette: russi, ucraini, italiani dal nord e dal sud, palestinesi, nigeriani, congolesi, senegalesi, marocchini. Uomini, donne. Sacchi di pelle qualunque per i sistemi che dominano la nostra società-mondo, ma farciti di quella curiosità e quel desiderio che li ha resi fautori di progetti improntati su altri principi, quelli della nonviolenza, dell’uguaglianza e della solidarietà, progetti che testimoniano l’esistenza e la possibilità di un diverso vivere, quotidiano o emergenziale che sia. Le risposte concrete alla domanda iniziale.

In questi due giorni di incontri, scambi, workshop, dibattiti e immagini, non abbiamo visto colombe, rametti di ulivo e sorrisi di famiglie incotonate, ma guerre e conflitti, manifestazioni, graffiti sui muri e ingiustizie. Si può e si deve parlare di pace, rappresentarla e promuoverla, ma mi ha colpito la possibilità di parlare, osservare e rappresentare qualcosa in pace, anche una guerra o un conflitto: un dialogo o un’opera artistica capace di abbassare le barriere della paura descrive diversamente la realtà. Racconta qualcosa con uno sguardo sì critico, ma non offensivo, violento e lacerante. Sposta punti di vista, crea l’alternativa, offre spazi d’incontro. Ciascuno di noi può allenare la propria capacità di affrontare la vita artisticamente e in modo nonviolento. Ogni volta che riusciremo a guardare e ad affrontare una situazione con uno sguardo artistico e creativo, avremo contribuito a fare un piccolo passo in più verso un mondo che sia per tutti.

Sono passati giorni da quest’esperienza, ma il ricordo di quello che ho imparato e provato è vivido e mi dà ancora molta energia.