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… di quando i migranti giocarono con Pasolini

… di quando i migranti giocarono con Pasolini

Nel mese di dicembre faceva un freddo terribile. Claudio, il mio OLP, mi chiese di accompagnarlo ad un evento a cui avevamo aderito come Arci Roma. Gli serviva qualcuno pratico con lo smartphone per fare un po’ di foto e documentare sui vari social “Noi prima persona plurale”: una serie di iniziative sull’integrazione che si aprivano con una partita di calcio.

Nel campo sportivo XXV Aprile (quello dell’Alba Rossa), scendeva in campo “Liberi Nantes”, la squadra di calcio dilettantistica composta da rifugiati e richiedenti asilo politico in Italia.
Nel campo di Pietralata, proprio lì, un tempo giocava Pier Paolo Pasolini, che amava profondamente quel posto, quella gente e quella cultura. Era lì che faceva politica sui temi di allora: parlando con le vecchiette del quartiere, con i pischelli che passavano le giornate per strada, o con i militanti del PCI.

Ora ci ritrovavamo nel campo a distanza di 40 anni dalla sua morte per giocare una partita di calcio a sfondo sociale. Una di quelle cose che avrebbe fatto anche lui considerando l’evolversi dei corsi e ricorsi storici. Si, perché una volta Pietralata era il quartiere di quelli che venivano da fuori Roma, dalle campagne, da Rieti o da Frosinone; quelli che venivano odiati dagli abitanti del posto. Oggi invece quello stesso quartiere ospita una grande componente di migranti, accettati e non, allo stesso modo dei “burini” di campagna negli anni 50.

Ma quel giorno, nonostante il freddo, l’iniziativa riusciva ad aggregare gli abitanti di Pietralata, le varie associazioni di volontariato e i migranti. Ricordo una partecipazione spontanea, lontana dai soliti eventi istituzionali che quasi non fanno altro che peggiorare le discriminazioni delle persone prese in considerazione.
Ricordo che due bambine rom mettevano musica dalle casse, cantavano canzoni pop italiane e incitavano gli altri attorno a muovere il corpo seguendo le proprie danze popolari.
Altre persone portavano del cibo appena cucinato in grandi quantità per far conoscere le proprie tradizioni culinarie. C’era un mix di culture che rallegrava, spesso in modo buffo, un contesto di festa e di orgoglio.

Proprio lì, dove Pasolini giocava a calcio, scriveva le sue poesie, girava i suoi film, quel giorno un gruppo di persone hanno reso onore all’impegno sociale dello scrittore romano: quello di strada, di rapporti umani, reale e concreto, fatto di serate passate insieme.

Mi ricorderò sempre di quella volta che i migranti giocarono a calcio con Pasolini.