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La romanizzazione della Tuscia

La romanizzazione della Tuscia

Prima di iniziare il Servizio Civile non sapevo bene cosa fosse il Servizio Civile.

Per un appassionato di tennis come me, la parola “servizio” sapeva di terra rossa, sudore e tornei del Grande Slam: sapete, nel tennis il “servizio” altro non è che la battuta. Il termine “civile”, invece, mi riportava alla mente una domanda dell’esame di Archeologia Romana all’università: «Dottor Leoni, mi spieghi caratteri e funzioni della basilica civile, enucleando anche somiglianze e differenze con la stoà greca».

Insomma, la diade “servizio civile” rievocava in me due concetti lontani tra loro, ma egualmente importanti nel contesto della mia vita: da una parte il piacere, dall’altra il dovere; da una parte lo sport, l’aria aperta, la sensazione liberatoria di colpire una pallina con tutta la forza del braccio; dall’altra parte lo studio, la passione, i corridoi tetri, i libri polverosi, le ore alla scrivania, i sacrifici terribili e le gioie a ripagarli.

Ma a voi, cari lettori, non interessa un tubo di questa storia, lo so! A voi interessa del Servizio Civile!

Ebbene, perché ve ne possa parlare al meglio dovrete prima sorbirvi un altro racconto, questa volta al limite dello strappalacrime. Torniamo per un attimo all’università. Un giorno, correva l’anno 2006, me ne stavo abbandonato sul banco durante una barbosa lezione di letteratura: non che il professore non fosse abile, tutt’altro, ma l’argomento non faceva proprio per me. A testa bassa, intento a scarabocchiare acrostici sul quaderno, non mi ero accorto che la lezione era finita. Il mio vicino di posto mi dovette dare di gomito per destarmi: ed ecco, alzando la testa, vidi Lei! Parlava con le sue amiche, ridendo: ne rimasi semplicemente conquistato e feci di tutto per conoscerla. Un incontro all’inizio complesso, ma talmente importante da cambiarmi la vita.

A questo punto, per questioni di brevità e per non farvi esaurire i fazzoletti, vi risparmio la parte più tragica del racconto: sappiate che, dopo anni di lontananza, i nostri destini si sono finalmente intrecciati e da più di tre anni siamo una bella coppia felice!

Dunque è stata proprio la mia ragazza, che aveva già avuto modo di farlo, a spiegarmi cosa sia il Servizio Civile e a suggerirmi di valutare se dedicare un anno della mia vita alla comunità, magari facendo ulteriori esperienze nel campo dei beni culturali, quello cioè dove mi auguro di poter lavorare fino alla pensione! Insomma, senza di lei oggi non sarei impegnato a scrivere queste pagine, giunto quasi al traguardo di un percorso di crescita umana e professionale per me fondamentale.

n2Da buon archeologo, la sede ideale del mio servizio civile non poteva che essere un museo: per ragioni logistiche, oltre che per il fatto di avervi già svolto due tirocini negli anni precedenti, scelsi di candidarmi per il posto da volontario nel museo di Rimini.

Il giorno del colloquio ero molto teso! Sapevo di avere molte qualità ed esperienze da mettere in campo, ma come riuscire a convincere le brave archeologhe del museo, supportate da una Chiara Canini con un’espressione mai così impassibile ed esaminatrice? Fortunatamente tutto andò a meraviglia, impressionai la commissione (senza però riuscire a piegare di un millimetro in un sorriso le labbra serratissime di Chiara) e dopo qualche tempo mi giunse l’auspicata notizia: ero il prescelto!

Da quel giorno iniziarono le varie formalità: presentazione di documenti, riunione informativa, valanga di domande e quesiti per orientarsi nel linguaggio burocratese che la legge utilizza per descrivere i diritti (pochi) e i doveri (non pochi) dei volontari.

3Poi il 7 settembre l’inizio del Servizio, un giorno trascorso per me come meglio non si sarebbe potuto, impegnato a catalogare antichi elementi lapidei nei depositi del museo. Nel corso di questi mesi, e qui vi racconto la parte istituzionale, ho maturato importanti esperienze nel campo dei beni culturali: inventariazione dei materiali, visite guidate, preparazione di lezioni e laboratori, collaborazione fattiva nella gestione dell’ufficio delle pubbliche relazioni del museo, dal quale di fatto passa tutta l’attività scientifica, didattica e comunicativa del museo stesso. Insomma, ho imparato tanto e ciò che già conoscevo ho potuto meglio perfezionarlo, cercando di essere sempre disponibile ed entusiasta nei confronti di ogni mansione, che a mio parere è l’atteggiamento giusto di chi, appunto, si pone al servizio della collettività.

Veniamo poi alla parte non prettamente istituzionale: durante il servizio civile ho conosciuto tante persone straordinarie! Partiamo dallo staff dell’Arci, sempre paziente nel sopportare i miei sproloqui al ventunesimo piano del grattacielo e sempre pronto ad aiutarmi in qualsiasi frangente, burocratico e non. Passiamo poi agli altri due colleghi in servizio ai musei di Cattolica e Santarcangelo, Michele e Francesca, con i quali ho stretto un rapporto di collaborazione ed amicizia che andrà ben oltre quest’anno vissuto quasi in comune. Senza contare tutti gli altri ragazzi e formatori conosciuti nel corso della formazione generale, con i quali ci siamo veramente divertiti e confrontati a lungo su temi particolarmente importanti per l’attualità. Con Michele e Francesca abbiamo anche creato un piccolo comitato elettorale per Stefano, che grazie al nostro irrinunciabile contributo ha scalato i vertici della Rappresentanza dei volontari, divenendo uno dei nostri punti di riferimento a livello nazionale!

Insomma, è stato un anno ricchissimo di cose, persone e sorrisi. Un anno che ripeterei volentieri, anche se mi piacerebbe fare almeno il doppio degli incontri di formazione, perché mi sono davvero divertito ad ascoltare la mia voce al microfono mentre fingevo di moderare una conferenza sulla romanizzazione della Tuscia! A parte gli scherzi, se siete incerti sull’intraprendere o meno questo percorso, date retta a me: fatelo! Un anno passa in fretta, e questo è un anno che rimpiangerete comunque: se l’avrete passato in servizio, rimpiangerete ciò che rimpiango io (lo stare insieme, il parlare e confrontarsi e il ridere in gruppo, le belle persone conosciute), se l’avrete passato senza fare servizio rimpiangerete di non aver nemmeno presentato domanda! Buttatevi, cari lettori, ne vale la pena!

E se guarderete un poco al di là del vostro orticello, alla fine di quest’anno vi accorgerete anche di quanto avrete contribuito al benessere della vostra comunità. C’è chi avrà sollevato dal letto duecento anziani, chi avrà scritto cinquanta articoli, chi avrà preparato mille e mille penne al pomodoro; c’è anche chi, come me, avrà visto i bambini tornare a casa dalla gita un pochino più consci dell’importanza dei valori storico-culturali nella società moderna. Ognuno avrà fatto la sua parte, secondo le sue competenze, il suo impegno, le sue inclinazioni: ma badate, ogni sforzo non sarà vano se sarà ricompensato anche soltanto da un grazie o da un sorriso, perché è davvero questa l’anima del Servizio Civile.

Nicola