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Da bambino volevo guarire i ciliegi

Da bambino volevo guarire i ciliegi

mich2Terminato è il civile servizio
E ora vi narro questo dolce supplizio;
io son strano e lo racconto in rima
come mai è stato fatto prima.
Dunque leggete, mettetevi sul divano,
vi giuro il tempo non sarà speso invano.

Tutto è cominciato quasi per caso
Quando un amico mi ha persuaso
Che invece che starmi a casa a grattare
Anche questa strada potevo provare.
Io poi mi sono per bene informato
E subito il bando ho scaricato;
attento ho letto ogni progetto
per cercare quello che per me era perfetto.

Dunque compilo tutto, allego il curricolo
E tutto al grattacielo porto il fascicolo.
Qualche tempo e il giorno del colloquio arriva
E io giungo a Cattolica con il treno che da Forlì partiva;
ricordo c’era una tal pioggia che, non lo nego,
tra me mi son detto: “Oggi qui annego!”
Apro l’ombrello ma è talmente scassato
Che arrivo in comune che sono tutto bagnato.

Lì già ci sono altri volontari seduti alla rinfusa
Con cui scambio qualche chiacchiera confusa.
Arriva il mio turno, entro, accenno un sorriso
E su una sedia son subito assiso.
Conosco Chiara Canini e Luisa Stoppioni:
“Parlaci di te, dacci un po’ di informazioni”.
Io comincio, dico qualcosa
Anche se non ricordo cosa,
i miei studi, le esperienze, qualche altro fatto
ricordo solo che son uscito soddisfatto.

Poi passano i mesi ma tutto tace
E di quell’incontro resta un ricordo fugace.
All’improvviso, mentre ero a Barcellona,
sento nella tasca il telefono che suona;
vedo un numero sconosciuto, son sorpreso,
e ancor di più lo sono quando una voce dice “Sei preso”.
Per quella chiamata all’estero arriverà un conto salato
Ma posso ben dire che mi ha lasciato appagato.

Il 7 settembre si comincia, alle 9 in punto
E di quel che ho fatto ora tenterò un riassunto.
Troppo lungo sarebbe narrare per filo e per segno:
vi procurerei noia, tedio e persino sdegno;
dico solo che piccolo è il museo cattolichino
ma tutto ho dovuto fare, persino l’imbianchino!

Se però si deve trovare un’attività principale
La mia è stata quella laboratoriale:
con le scuole sono stato messo a lavorare
e con i bambini un anno ho dovuto passare,
non c’è stato giorno senza una classe almeno,
a volte di ragazzi il museo era pieno!

Ci sono state volte che mi hanno sfinito
Ma mai una volta che non mi sia divertito.
Alcune classi poi sono venute così sovente
Che di tutti gli alunni i nomi avevo a mente;
con qualcuno poi un così bel rapporto si è instaurato
che alla fine dell’anno mi hanno abbracciato!

Ovviamente poi ci sono state altre attività
Da svolgere in un museo che si dica di qualità:
c’è la classica visita guidata, certo,
ma anche di grafica son diventato esperto,
ci son da scrivere i comunicati stampa
né di fare il fattorino si scampa.

Non di sole attività è fatto un anno,
ma anche di persone che intorno stanno,
nel museo due in particolare:
Luisa la direttrice e Massimo il tuttofare.

Con la prima il rapporto è stato più intenso,
di ogni cosa che facevo mi ha spiegato il senso,
è per certo una donna molto colta
e la sua mente di idee è sempre folta,
ma anche le sue lamentele mi sono dovuto sorbire:
“Il museo è senza soldi, stan per finire”;
Ci son poi le incomprensioni, gli screzi, alle volte m’incazzo
Ma taccio, anche se dentro di me giuro “l’ammazzo”.
Alla fine però, e per mia fortuna,
di divergenza non ne è rimasta alcuna.

Massimo è un tipo ben strano
Tanto che ne son stato avvisato (e non invano)
Che qualche problema sarebbe potuto sorgere,
ma vuoi perché l’ho saputo ben prendere
o per qualche altro motivo che sia,
tra di noi è nata una certa simpatia
e non c’è stata cosa che potesse fare di più bella
che farmi trovare un mattino un panino con mortadella.

Tanti altri poi là dentro ho incontrato,
amici, studiosi locali, qualche appassionato,
servizi utili socialmente utili, studenti, collaboratori
e non dimentichiamo i normali visitatori;
di persone ne son passate davvero tante
e non è mancato nemmeno qualche mendicante.
Alla faccia di chi dice che quel museo è bello che morto:
quello di Cattolica, più d’un museo, sembra un porto!

Non solo presso l’ente bisogna stare, nossignore,
ci sono altre importanti ore
da dedicare alla formazione, specifica e generale,
cambiano gli argomenti, ma il senso è uguale:
si imparano cose nuove, altre si approfondiscono,
ma soprattutto altri volontari si conoscono.

Quasi dimenticavo le ore di sensibilizzazione:
su quanto servano davvero si potrebbe fare una riunione,
ma alla fine me la son sempre spassata e per questo
ci ho dedicato più ore di quanto richiesto.
La festa di inizio servizio ricordo particolarmente,
a cui obbligati ad andare si era praticamente:
ricordo che, senza nemmeno entrare, già da fuori,
ho pensato: “qui sono tutti figli dei fiori!”.

E ora che tanto ho raccontato, ma senza alcuna precisione,
è giusto che finalmente si arrivi a conclusione:
il servizio civile è fatto di gioie e dolori,
te ne fa vedere davvero di tutti i colori,
un lavoro non aiuta davvero a trovare
ma fa di meglio: fa cambiare!

mich1